Intervento di Sandra Zampa alla Conferenza Nazionale sull’Infanzia e sull’Adolescenza – Bari, 27 e 28 marzo 2014
“Per ogni dollaro investito in programmi di qualità a sostegno alle famiglie e ai bambini sin dalla loro nascita, la società risparmia dai 7 ai 10 dollari, in minori investimenti per l’istruzione specializzata, in ridotti tassi di disoccupazione, minori reati, minor ricorso al welfare system”.
È con questa certezza che Barack Obama annunciò, nel 2008, quando la crisi economico-finanziaria pesava sui bilanci delle famiglie americane e mandava i suoi primi segnali anche in Europa – per chi avesse voluto raccoglierli – il grande piano di investimenti a favore delle bambine, dei bambini e dei più giovani cittadini americani. Dieci milioni di dollari sull’istruzione primaria stanziati dal presidente che all’insegna dello slogan “Yes, we can”, aveva vinto le elezioni pur non essendo stato, come lui steso aveva ammesso “il candidato più probabile”. L’uomo del “cambiamento” invocato dagli americani non aveva dimenticato che per realizzarlo occorreva “aprire porte di opportunità ai nostri bambini”. Parole pronunciate nel discorso della notte della vittoria che confermavano la sincera attenzione e sensibilità di Obama al tema. Che bambine e bambini rappresentassero il patrimonio e l’investimento più importante che un Paese potesse fare, al neo presidente degli Stati Uniti era chiaro non solo per l’insegnamento appreso da Irving Harris, filantropo e presidente di una ONG di Chicago dedicata allo sviluppo infantile, ma anche per avere sempre avuto ben presente e vivo l’interesse per l’educazione dei più piccoli. Ad influenzare la scelta di Obama anche uno studio degli anni ’60 condotto a Ypsilanti nel Michigan dove a fronte di 15mila dollari investiti nelle politiche di scolarizzazione e educazione, fu possibile ottenere dopo 40 anni, un risparmio di 224mila dollari.
I bambini e gli adolescenti rappresentano il nostro futuro, ma vorrei dire meglio: sono la nostra prospettiva, sono la nostra risorsa e la nostra possibilità. Qui non si tratta solo di questione etica, che pure lo è, soprattutto dinnanzi alla crescente povertà delle famiglie, al crescente bisogno di ascolto dei minori e degli adolescenti, di risorse e di speranza. Siamo dinnanzi ad una scommessa vera che può trovare risposte solo nelle scelte politiche che ci accingiamo a compiere, nella nostra capacità di governare la crisi così profonda che ci ha travolti, nelle nostra capacità di buttare il cuore oltre l’ostacolo. Una scommessa tanto più vera perché rappresentata dai 10 milioni di minori di età ai quali lo Stato e le Amministrazioni del nostro Paese devono poter garantire possibilità di crescita, tutela e diritti sanciti da norme nazionali e sovranazionali, a cominciare dalla Convenzione di diritti di New York. Dobbiamo uscire al più presto dall’ambito delle parole e delle promesse per arrivare finalmente a scelte condivise, libere dal giogo del consenso, scelte difficili ma oramai inevitabili. Che senso ha, infatti, continuare a seminare la paura ogni volta che si parla di convivenza, di integrazione? I nostri bambini vivono già in una società multietnica e da soli, troppo soli, hanno affrontato nelle loro classi, nelle loro polisportive, nei loro luoghi di aggregazione quell’insieme di culture e di diversità che rappresentano arricchimento e possibilità di comprensione della complessità della società nella quale vivono, studiano e domani lavoreranno, quella complessità del mondo che li circonda e che nessun allarme ‘all’invasione’, che invasione non è, cambierà. Da soli, dicevo e intendo lasciati soli dalla politica e dalle Istituzioni: riforme che hanno solo depauperato il tempo scuola, tolto ore di lezione, ore di laboratorio, ore dedicate nelle classi elementari al recupero di chi resta indietro perché svantaggiato, ore di viaggi culturali a chi aveva solo quella possibilità di visitare un museo, una città d’arte, un luogo importante della nostra storia…che cosa è stato se non espressione di una politica della paura, dei tagli a pioggia, se non mancanza di lungimiranza e di capacità prospettica del futuro? La nostra incapacità di far viaggiare il Paese ad una sola velocità, facendo recuperare al nostro Sud il divario che lo distanzia dal Nord, più produttivo e più ricco, ha prodotto e continua a produrre disparità di possibilità per i nostri bambini e per i nostri adolescenti, in tutti i campi, a cominciare dal quello della scuola. Il tasso di abbandono scolastico è alto in tutto il Paese ed è strettamente connesso al tasso di povertà delle famiglie: meno possibilità significa, per i figli, meno possibilità di studi avanzati, minori possibilità di accedere a programmi culturali, minori possibilità di partecipare attivamente alla grande risorsa che la lettura rappresenta per tutti, ma soprattutto per un giovane. Il Sud, già fortemente impoverito, ha raggiunto la quota stratosferica di mezzo milione di minori nella trappola della povertà ed è drammatico che il divario tra nord e sud diminuisca solo perché è la povertà a crescere nel nord. Ancora al Sud si registrano i dati peggiori circa l’abbandono scolastico:il 25% degli alunni tra i 18 e 24 anni lascia la scuola troppo presto, con punte davvero allarmanti in Sicilia dove la percentuale di studenti che hanno lasciato gli studi prima del diploma è del 26 per cento, seguono la Sardegna con il 23,9 per cento e la Puglia con il 23,4 per cento.
Dobbiamo al più presto invertire la marcia e tornare ad essere protagonisti di azioni forti ispirate alla promozione dei diritti delle persone di minore età. Per ritrovare piani strategici per l’infanzia finanziati in una misura tale da garantirne la realizzazione, dobbiamo andare molto indietro nel tempo, al 1971 con la legge 1044 (disposizioni per il piano quinquennale per l’istituzione di asili- nido comunali con il concorso dello Stato), alla legge del 28 agosto 1997, n. 285 (riguardante le disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza e che istituiva presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza). L’ultimo investimento degno di questo titolo è il fondo nazionale straordinario per i servizi socio- educativi per la prima infanzia, varato con la legge finanziaria del 2007 che nell’ambito del piano straordinario nidi aveva il merito di contribuire ad innalzare la copertura territoriale di servizi per la prima infanzia dal 9,6 per cento del periodo 2005-2006, all’11,3 per cento del periodo 2009-2010.
Eppure nel 2010 una ricerca, promossa dalla Fondazione Agnelli e firmata da Daniela Del Boca e Silvia Pasqua, docenti di Economia Politica all’università di Torino, ha chiaramente a dimostrato che quelli furono denari spesi bene, poiché la maggiore preparazione, sia in italiano che in matematica dei bambini, è strettamente connessa alla loro frequentazione dell’asilo nido. Insomma l’asilo nido come primo luogo dell’apprendimento.
E’ urgente passare dalle parole ai fatti. Dagli annunci alla pratica politica. Alle scelte politiche. Il nostro Paese arretra, siamo nel mezzo della più grave crisi economico finanziaria che ci abbia travolti dal 1929, siamo pieni di paura e di incertezze, eppure le proposte ci sono e indicano con chiarezza dove dobbiamo rivolgere il nostro sguardo per uscire da questa situazione che ci rende fragili oggi ma, quel che è peggio, che ci renderà sempre più vulnerabili domani. Abbiamo il dovere di mettere al sicuro i nostri bambini e tra questi non possiamo dimenticare i figli delle coppie straniere nati in Italia. E’ il monito del Presidente della Repubblica che ci deve imporre, subito, una legge che riconosca loro la cittadinanza italiana. Questi bambini in che cosa differiscono dai nostri? Seduti nei loro banchi di scuola, insieme ai bambini italiani, perché debbono continuare a sapere di non essere cittadini del Paese nel quale vivono, studiano, si preparano al domani?
Che senso ha per questo nostro Paese e per il suo futuro investire in istruzione e servizi per minori che non riconosciamo cittadini, ma ospiti, troppe volte non graditi.
Ed è ancora’ la convenzione di New York che ci impone di rispettare i diritti degli ultimi tra gli ultimi, i minori stranieri non accompagnati per i quali non siamo ancora in grado di prevedere una accoglienza che sia rispettosa del loro dolore, della loro fragile vita in fuga da fame, povertà estreme e guerre. Ad ogni sbarco siamo dinnanzi alla stesse difficoltà. Eppure il 4 ottobre, dopo numerosi appelli, richiami, interventi, è stata depositata una legge, messa a punto insieme a Save The Children che finalmente riordina e programma le azioni necessarie per far sì che non ci si trovi sempre dinnanzi alla necessità di interventi legati all’urgenza. Che cosa ci impedisce di metterla in agenda e approvarla? Necessità di risparmio?
Nel 2012, nel giorno dedicato all’Infanzia dalla Nazioni Unite, una mozione presentata nel nostro Parlamento impegnava il governo:
- ad assumere iniziative per stanziare risorse adeguate per sostenere il terzo piano d’azione per l’infanzia;
- a predisporre una cabina di regia per coordinare specifiche politiche per l’infanzia al fine di evitare una frammentazione delle responsabilità e data la molteplicità di aspetti che il mondo dell’infanzia comporta, ciò anche in ragione del fatto che il rispetto e l’applicazione dei principi fissati dalla convenzione ONU fanno capo al governo centrale;
- a superare la carenza di un sistema di raccolta di dati e informazioni finalizzata al monitoraggio della condizione minorile, quale fondamentale strumento di valutazione e programmazione delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza, affinché detti dati siano effettivamente rappresentativi, uniformi e comparabili fra le varie regioni;
- a predisporre misure volte a colmare le differenze tra Nord e Sud d’Italia nella copertura dei servizi di assistenza omogenea rispetto alle regioni del centro nord, superando le sperequazioni ed assicurando in tal modo un sistema educativo ed un welfare adeguato, moderno ed inclusivo;
- a promuovere politiche sociali di sostegno alla maternità e paternità, anche attraverso l’incremento delle strutture e dei servizi socio-educativi per l’infanzia e, in particolare, per la fascia neo-natale e pre-scolastica, garantendone l’attuazione e l’uniformità delle prestazioni su tutto il territorio nazionale, confermando, altresì, il tempo pieno in ambito scolastico; a prevedere interventi, anche di tipo fiscale, per il sostegno alle famiglie in condizione di povertà estrema;
- ad adoperarsi, nell’ambito delle proprie competenze, affinché ogni intervento, anche normativo, che influisca sulla condizione dei minori stranieri non accompagnati, risulti in armonia con i principi della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, nonché con la normativa dell’Unione europea e con le indicazioni del Consiglio d’Europa in materia;
- a promuovere un sistema di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati, strutturato e non emergenziale, finanziato con uno specifico fondo pluriennale, che tenga conto della disponibilità di posti in accoglienza su tutto il territorio nazionale e che sia collegato a meccanismi di monitoraggio degli standard di accoglienza;
- ad individuare e ad allocare risorse per finanziare progetti di sostegno ed incentivazione allo studio da rivolgere ai ragazzi che si trovano in situazioni familiari a rischio di esclusione sociale;
- a realizzare delle campagne di sensibilizzazione, nazionali e locali, al fine di combattere e superare i residui atteggiamenti di chiusura e di resistenza alla dimensione internazionale della scuola italiana, favorendo così l’inclusione e l’integrazione di tutti i minori stranieri che frequentano le scuole nel nostro Paese;
- a dare piena attuazione alla Convenzione di Lanzarote garantendo in particolare alle bambine, in Italia e nel mondo, un adeguato sistema di istruzione, salute e protezione da violenze ad abusi;
- a promuovere l’istituzione presso la Conferenza Stato-regioni, come raccomandato dal Comitato ONU nelle osservazioni conclusive indirizzate al nostro Paese nel 2011, di un gruppo di lavoro per il coordinamento delle politiche riguardanti i diritti dei minori e l’applicazione coerente dei principi della convenzione ONU, anche alla luce della mancata definizione da parte del Governo dei livelli essenziali delle prestazioni sociali prevista – ma mai realizzata – dalla legge n. 328 del 2000; ad assumere con urgenza le iniziative di competenza per la piena attuazione della convenzione europea di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei bambini intervenendo sulle modalità di ascolto dei minori nei procedimenti, non solo giudiziari ma anche amministrativi, affinché essi possano far sentire la loro voce ed essere considerati non oggetto del contendere ma soggetti di una situazione di vita che li coinvolge; ad assumere iniziative per definire uno specifico ordinamento penitenziario per i minori, così come raccomandato anche dalla Corte Costituzionale; a predisporre politiche e programmi nazionali atti a garantire un progresso effettivo nell’eliminazione del lavoro minorile nel rispetto delle Convenzioni dell’ILO sul lavoro minorile.
Non v’è risanamento dei conti che possa incidere positivamente sulla vita di un grande Paese come il nostro che non debba essere realizzato con rigore ed allo stesso tempo con equità. Il rispetto dei diritti dei minori è alla base di ogni piano di sviluppo di una nazione, poiché ne determina il progresso culturale e ne promuove il cambiamento sociale in termini di maggiori possibilità, garantendo a tutti i suoi cittadini pari opportunità di realizzazione delle proprie ambizioni e aspirazioni. Solo così si evita lo scontro generazionale e si sigla un patto tra padri e figli, madri e figlie. Da troppo tempo su infanzia e adolescenza non si fa che tagliare e risparmiare, da tutti i punti di vista: economici ma anche di attenzione, tempo, ascolto e rispetto. Anche quando in Parlamento, a partire dalla Bicamerale Infanzia che qui rappresento si riesce a raggiungere un accordo trasversale agli schieramenti politici a favore dell’infanzia e dell’adolescenza, si trovano orecchie sorde in chi governa. Credo sia arrivato il momento di un confronto nella verità: ci stanno davvero a cuore i nostri giovani? Le bambine e i bambini di questo Paese? Vogliamo davvero anche noi il cambiamento? Vogliamo essere un Paese capace di progettare il proprio futuro o vogliamo tagliare le radici dell’albero su cui poggia? Solo a partire da loro, da un grande investimento sui più piccoli, potremo rinascere e vivere una nuova stagione che si lasci alle spalle la drammatica crisi che ha minato il Paese non solo finanziariamente ma socialmente, culturalmente e perfino eticamente.
Sandra Zampa
Vice presidente Bicamerale per l’infanzia e l’adolescenza